Diario di un preparatore: bilanci.

Notte, giorno, sonno, veglia, stagioni, ore, minuti, secondi, anni.

Siamo così nel DNA: ci rapportiamo a cicli e quando arriva il termine di uno di questi è il momento di guardarsi alle spalle. La verifica sta alla base di ogni analisi scientifica e quando finisce un anno solare è certo il momento per tirare le somme.

8 Marzo 2020, Martignacco (Udine). Data indimenticabile, oltre alla festa delle donne è anche il giorno del compleanno di mia mamma, una domenica come tante, in ritiro in albergo, ad aspettare l’orario della partita. La routine è la solita da anni: sveglia – colazione – video – allenamento di rifinitura – pranzo – riposino – gara. 

Tutto normale ma subito dopo il pasto arriva la notizia della sospensione del torneo, non si gioca, l’Italia è zona rossa, termine che in quel momento lasciava il tempo che trovava, ma che sarebbe diventato di uso quotidiano. Raduniamo le nostre cose e torniamo diritti a casa. 

Il viaggio indimenticabile. Impossibile trovare un autogrill aperto per la consueta pausa che caratterizza la ritualità della trasferta di una squadra. Arriviamo a Torino e siamo in largo anticipo rispetto al programma iniziale e con un gruppetto di persone decidiamo di mangiare una pizza al volo prima di tornare ognuno a casa, ignari del privilegio di un ultima cena fuori insieme e del fatto che sarebbe stata l’ultima per lungo tempo!

Anno difficile per lo sport e l’allenamento, inutile negarlo! 

Ogni scienza si basa su un principio fondamentale di dose risposta: applico uno stimolo per indurre un cambiamento, faccio qualcosa per ottenere qualcos’altro, investo lavoro per ottenere risultati. E affinché il processo porti ad una variazione c’è bisogno di tempo! 

Impegniamo risorse, lavoro, fatica, applicazione nell’attesa che in un dato lasso di giorni, mesi, anni possiamo raccogliere i frutti desiderati dei nostri sforzi. 

È legge universale che regola ogni processo, dalla natura alla finanza, dal lavoro al educazione dei giovani. Il mantra è lo stesso: ci vuole tempo.

È il parametro fondamentale per PROGRAMMARE. 

Dovessi riassumere quest’anno in una parola non legata alla malattia planetaria utilizzerei “Instabilità”.  Variazioni continue, repentine, inattese, da oggi a domani che ci hanno privato di abitudini, possibilità e scelte. 

Senza timore di smentita possiamo dire che se l’allenamento è programmazione e per programmare ci vuole un periodo di ripetitività dove lo stimolo possa attecchire, l’instabilità è di certo IL fattore limitate. 

Come puoi programmare qualcosa su un futuro che è incerto, variabile?

Primavera inoltrata ed estate portano tregua. Pare sia tutto passato.

Riparte la nuova annata, energie e motivazioni rilanciate con il primo obbiettivo di lasciarsi alle spalle una stagione sportiva infausta e incompiuta. 

Io, in tutta onestà, ho sottovalutato il problema, pensavo che si fosse tornati alla normalità e invece presto capisco che c’è una “nuova normalità” fatta di protocolli, burocrazie, tamponi e certificazioni. Tutto è farraginoso, ma si gioca quindi in nome della passione ci si adatta e lo si fa con il sorriso.  

Purtroppo però poi l’incubo si materializza: positività, contagi, gare rimandate, sospensione di allenamenti. 

Siamo all’anti programmazione, massima flessibilità alla ricerca di ammortizzare ogni variabile che si presenta, spesso senza preavviso. La situazione è questa per tutti, chi più chi meno ogni società sportiva viene colpita da indisponibilità di atlete, di staff, di impianti. 

Nel nostro caso specifico 40 giorni senza allenamenti di squadra e gare. 

Tradotto in termini di allenamento si traduce in una semplice amara realtà: il lavoro accumulato precedentemente, gli sforzi negli allenamenti e la condizione acquisita fino al momento della sospensione sono andati tutti persi! Si deve ricominciare da capo, ma questa volta i calendari pressano ed il tempo (sempre quello..) viene meno. Bisogna giocare nelle condizioni in cui siamo.

È come sostenere esami e non avere modo di prepararli, ma le condizioni sono così. E Siamo tutti sulla stessa barca. O meglio siamo tutti nello stesso mare: le barche sono più o meno attrezzate, ma le perturbazioni delle onde le subiamo tutti. 

Certo che a rigor di logica, le squadre che inseguono e hanno bisogno di maggior lavoro per colmare i gap con chi le precede, sono penalizzate.

Si parla di torneo falsato, calendario stravolto, classifiche illeggibili e mercato che influenza gare. 

Perché giocare? Perché andare avanti? 

Non c’è pubblico e le squadre non sempre sono in condizioni di offrire performance adeguate al livello. Le assenze nei roster pesano e per chi rientra è difficile tornare in condizione.

Allora perché giocare se il campionato è condizionato da parametri arbitrari? Che senso ha affrontare sacrifici e rischi di salute per le squadre? 

Il senso c’è ed è superiore a quello strettamente agonistico! 

Giochiamo per non scomparire come movimento, per permettere a tutti i professionisti che fanno parte di questo grande carrozzone di continuare a lavorare, non solo per questa stagione ma anche a quelle a venire! 

Giochiamo per chi non può farlo: per un movimento di base falcidiato dall’inattività, per i campionati giovanili che si allenano a singhiozzo e che da ormai 10 mesi attendono con pazienza che arrivi il momento tanto atteso di giocare una partita.

Giochiamo per coltivare il sogno di tanti giovani che sperano un giorno di calcare palcoscenici professionistici e abbiamo il dovere di alimentare i loro ideali.

Giochiamo per l’attaccamento ai valori che lo sport porta con sé, in primis la salute che solo ora che ci viene meno capiamo non essere scontata.

Questa è la nostra nuova realtà, questi sono i motivi per cui faticosamente proseguiamo, queste sono le motivazioni che sosteniamo, questo è il valore dello sport!

Lungi da me lamentarmi, problemi, fatica e i rischi (quelli veri!) li affrontano e li corrono altri. Però è meglio spiegare dove sono le difficoltà nel condurre un lavoro professionale, dove le condizioni non sussistono per l’influenza di un qualcosa che è molto più grande di noi.

Parlo con i miei studenti e spesso dico che l’allenamento è una scienza strutturata su solide basi ma che ha un che di artistico al suo interno. Oggi prevale drasticamente questo secondo aspetto!

Crisi dalla sua etimologia greca significa separare, cernere: non ha necessariamente un’accezione negativa.

La storia è composta da cicli che si ripetono e sappiamo che dopo le grandi crisi, seguono momenti di grande prosperità. 

La nostra specie di natura segue cicli. Così continuiamo a farlo attendendo con fiducia quello che è già stato in precedenza e che ci attende: il momento delle risalita. Speriamo presto. 

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