IN DIFESA DELLA PALLAVOLO!

Ieri è stata emessa la tabella con i quozienti di rischio per le diverse attività sportive per poter programmare l’apertura post lockdown. 

Moltissimi mi hanno chiesto che cosa ne pensassi a riguardo ed eccomi qui.

Se non l’aveste vista diciamo che in certi frangenti sembra essere incongruente o per lo meno che segua parametri discutibili.

Nel documento che consta di 10 parametri di valutazione, la pallavolo, da sempre considerato uno sport non di contatto, risulta essere per distacco lo sport più a rischio di contagio (addirittura più del doppio del calcio e 30% in più, circa, del basket e del rugby). 

Come si arriva a questa conclusione?

Allora, è chiaro come la cosa nasca attraverso un mero inserimento di numeri statistici e parametri arbitrari presi in considerazione da un gruppo di persone che sicuramente dei numeri hanno una forte considerazione, ma di competenze sportive ben poche.

A parte il fatto che ci sono una serie di lacune nell’elenco degli sport citati (pallanuoto, pallamano, beach volley, ma anche sport da combattimento e altri sport singoli che restano degni di nota e neanche presi in disamina), ma correlare unicamente spazi di gara, zone limitrofe e numero di partecipanti coinvolti, la trovo una visione ottusa. 

Si evince che non conta tanto il rischio di contatto tra i partecipanti quanto la distanza che POTENZIALMENTE passa tra i praticanti della gara stessa, pubblico e arbitro compresi. 

Traduciamo:  se un campo di pallavolo è grande 81mq e ci sono sei persone dentro, la loro distanza media è sicuramente minore rispetto a quella che passa tra giocatori di calcio che sono 11 in squadra, ma stanno all’interno di una metà campo che è 105 x 65 mt (7.140mq). 

Però, miei cari ingegneri, non sono omini del calcio-balilla attaccati a delle stecche, corrono dietro a un pallone che catalizza le loro attenzioni e, quindi, le distanze spesso non sono delle medie matematiche. Avete mai visto un’area di rigore su un calcio d’angolo o una corsa spalla a spalla sulla fascia? Come quantifichiamo questi contatti o riduzione di distanze? 

Parliamo di pubblico! Innanzitutto, come fa a essere un parametro il pubblico se si giocherà con ogni probabilità a porte chiuse? Avete mai visto l’arrivo sulle tappe di un grande giro di ciclismo, le persone assembrate per chilometri di salita a incitare i corridori? Come lo quantifichiamo? Probabilmente in un palazzetto dove si gioca a pallavolo o a basket ci si abbraccia di più secondo le vostre statistiche. 

E per restare in tema, vorrei capire come mai la pallavolo ha rischio massimo con il contatto del pubblico e il basket zero? Miei cari ingegneri, sicuramente i vostri studi vi hanno assorbito molto negli anni di formazione, ma una gara delle rispettive discipline l’avete mai vista? Alcune società di basket e pallavolo dividono lo STESSO PALAZZETTO DELLO SPORT (e io non parlo per sentito dire: è il mio caso di questa stagione purtroppo appena interrotta). Ora mi dite come può esserci questa discrepanza? 

Qui non si parla di numeri, qui parliamo di avere la voglia di verificare o avere gli occhi per vedere! 

Ah, grazie mille per aver messo 0 alla voce “rischio in PISCINA” per quanto riguarda gli sport non acquatici in generale: visione illuminante. 

Potrei continuare per ore a portare esempi, ma credo che questi possano essere abbastanza esplicativi su quel che sia l’impossibilità di rendere attendibile questo studio. 

Ho molti amici che sono sia ingegneri che sportivi e non è giusto fare di tutta l’erba un fascio, ma di certo nel caso specifico di chi si è lanciato in questa illuminata disamina, forse fare un po’ più di sport e leggere un libro in meno avrebbe aiutato ad avere una visione più equilibrata.

Chi mi conosce di persona sa quanto per me i numeri siano fondamentali, il quantificare nello sport è e deve essere la regola : chi arriva prima al traguardo, salta più in alto, segna un punto in più, vince!

Oggettivare sempre tutto è una regola che fa parte della scienza, come è anche quella dell’allenamento che mi permette di mangiare da una vita.

Questa, però, è l’effettiva riprova che se fai domande sbagliate le risposte saranno inutili. Non voglio neanche immaginare che questa disamina sia stata stilata per influenzare qualcuno a favorire la riapertura di una tal federazione piuttosto che un’altra, credo solo che sia stata redatta da diversi incompetenti in materia. 

La cosa più grave, per quanto mi riguarda, è che si spari nel mucchio senza remore, come se tanto non facesse alcuna differenza, ma ricordo a tutti che, anche se non è concepito come tale, la pallavolo per qualcuno è un LAVORO.

Ci andrei piano, soprattutto in questo periodo storico a mettere fuori spauracchi o notizie con leggerezza che poi, rilanciate dalle testate più quotate, assumono i crismi di verità assolute e accertate.

Sicuramente ci saranno degli approfondimenti su questa tabella (almeno lo spero), ma in ogni caso questa pubblicazione dovrebbe essere per lo meno rappresentativa dello studio stesso e onestamente non mi pare rappresentativa dei rischi. 

Non dico che il mio sport sia immune dalla possibilità di contagio, ma per lo meno vorrei una discrepanza un po’ più ponderata e approfondita: vista così sembrerebbe per lo meno superficiale. 

Il problema non è il fattore di rischio teorico, ma quale è il rischio effettivo di contatto e, soprattutto, quanto le società, le federazioni e gli organi deputati al controllo possano garantire la sicurezza degli atleti partecipanti, pubblico e giudici di gara compresi. 

Chi fa sport, continui a farlo (ora magari solo a parlarne: speriamo di tornare alla pratica il prima possibile) e chi fa conti continui, prima di emettere sentenze, si chieda se ha tenuto in considerazione tutte le variabili o magari, si confronti. 

Prima di voler risolvere un problema, è meglio metterlo a fuoco correttamente.

Grazie!

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